Fondatore dei Monaci Silvestrini

San Silvestro Abate

Silvestro nacque ad Osimo (AN) verso il 1177 da una famiglia benestante, del casato aristocratico denominato «Guzzolini», il cui palazzo decora ancora l'attuale centro storico della città.  Dai genitori Gislerio e Bianca viene destinato alla professione forense e perciò inviato a Bologna e San Silvestro Abate, Fondatore dei Monaci Benedettini Silvestrini a Padova. Lo studio del diritto però «non gli accendeva affatto il cuore alle cose divine», scrive il suo primo biografo Andrea di Giacomo e allora egli si dedica all'approfondimento della «sacra pagina», cioè la teologia. Il senso del sacro, l'interesse per le scienze teologiche, il desiderio di trasmettere la sua competenza biblica e morale lo spingono a preferire lo stato ecclesiastico, il che susciterà le ire del padre.
Ammesso tra i chierici canonici del duomo di Osimo, è impegnato nella predicazione; ma ben presto si acuisce un contrasto con il vescovo locale, Sinibaldo, al quale Silvestro rimproverava una vita non troppo edificante e forse anche a causa di implicazioni politiche contrastanti, caratteristiche di quell'epoca feudale. L'ostilità del presule, la meditazione sulla vanità delle ambizioni umane alla vista di una tomba aperta, il desiderio di una maggiore unione con Dio: tutte queste cose risveglieranno nel canonico osimano la chiamata alla vita solitaria, che sarà tradotta concretamente con l'abbandono, di notte, della città di Osimo, verso il 1227.

Il Venerabile biografo, quasi con stupore, ci tiene a ricalcare ancora, e per noi del terzo millennio, i lineamenti del nostro Santo per tramandarceli intatti: “Egli era di aspetto angelico, pieno di fede, risplendente di sapienza, benevolo nell’ospitalità, generoso nell’aiuto materiale, attento alla predicazione, sollecito nel guardare i fratelli, assiduo nella santa meditazione, pietoso visitatore degli infermi, consolatore degli afflitti”. E più avanti: “Egli non accarezzava i vizi dei sudditi…, era paziente con i persecutori, misericordioso con i poveri e i deboli. Nel suo atteggiamento non avresti potuto trovare traccia di arroganza, di superbia o di vanagloria”. 

“In monastero, durante il giorno c’era chi si occupava delle sacre letture, chi era immerso nelle preghiera, c’era chi piangeva i propri peccati e chi gioiva nelle lodi di Dio. Questo vegliava, quello digiunava e quasi ci si contendeva l’un l’altro gli impegni di pietà. Di notte si alzavano per lodare il Creatore. Di sera, al mattino e a mezzogiorno narravano e annunziavano la sua lode e mettevano la massima cura nel culto divino”.

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